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Silma
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Inserito il - 11 giugno 2009 : 00:00:02  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 05 maggio 2009 : 22:37:28
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Gli auguri in anticipo portano male, ma non so se domani potrò connettermi, riparerò via sms!
Ragazzi, abbracci da una pensioncina di gente affabile e disponibile. Oggi hanno anche fatto la torta per l'anniversario dei miei, senza che lo chiedessimo. Il posto è accogliente, lo conosciamo, oggi siamo andati alla ricerca della guardia medica, del comune, ecc. Abbiamo preso possesso del territorio, insomma.
Non dormo molto, c'è il telefono di qui che ha la stessa suoneria di casa mia. La prima volta, sentendolo, sono scoppiata a piangere a casa. Riesco a piangere, finalmente.
Sono passata a L'Aquila, domani vado a fare un esame. L'avevo già preparato, quello famoso sul carnevale di rio. Pare sarà l'unico fino a luglio, ma teniamo duro. L'androne del polo universitario di Coppito 1, unico 30% agibile di tutte le università aquilane, sembra il pentagono: banchi su più livelli, su ognuno un monitor perennemente acceso, su ogni sedia gente che parla al cellulare o con i ragazzi, gli occhi gonfi per la mancanza di sonno. In condizioni normali ci sarebbe una gran confusione, invece tutti sussurrano. Nessuno si spazientisce, anche quando l'unica risposta alle proprie domande è una dolente alzata di spalle. Tutti ordinati, educati. Ci s'informa, ci si vede d'improvviso fra la folla e allora sono abbracci e lacrime.
Anche qui al mare, ogni tanto incontri qualcuno: abbracci, domande ansiose, si chiede degli altri che non hai potuto sapere. Ci si scanbiano notizie utili ed incoraggiamenti.
Il mio preside di facoltà è sempre lì all'uni, pur essendo sfollato a roma. Un uomo integerrimo, disponibilissimo, corretto e coscienzioso...adesso, un uomo esausto, ma che la volontà tiene in piedi. Prende il suo lavoro come una missione. Ma è ancora un uomo e mi ha riconosciuta fra tanti, mi ha avvicinata. "Signorina, la vedo smarrita". Mi ha chiesto della famiglia, della casa, mi ha fatta una carezza. Ogni volta che m'incontrava, mi stringeva la mano. Mani calde, paterne. E negli occhi la stanchezza ed un dolore che non ho osato invadere. Solo restiotuire la stretta ed un sorriso di fiducia e comprensione.
A Rita non pace la parola "sfollati". Preferisce "terremotati". Io ogni tanto uso "esuli". Sentire diverso della stessa situazione.
Ma siamo forti proprio nella debolezza.
Buona notte amici miei. Alla prossima volta che potrò connettermi. Vi voglio un gran bene.

umilmente vostra
Silma

<<la vide fra le sue braccia splendere e brillare,
fanciulla elfica ed immortale>>


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Inserito il - 11 giugno 2009 : 00:02:18  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 07 maggio 2009 : 21:41:34
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Che belli i limoni...ce ne sono tanti nei giardini dove sono nata, è un must, il limone e le piante di fave...
Anche se, a me, quei paesaggi non parlano più...me ne sono resa conto andando, quando eravamo lì sfollati, in agriturismo, a mangiare per festeggiare un po' mamma e papà...Non l'ho raccontato prima. Quei declivi di agrumeti ed ulivi...quella parlata campana...il profumo del caffé forte e delle pastrelle...Non mi parlava al cuore.
Volevo casa mia. La voglio ancora. Questo mare placido che ho davanti è un limbo dolce ed un po' alienante, è un fugace assaggio di normalità nell'uscire a comprare uno shampoo e lavare la biancheria nel lavandino, ritirare i panni e rifare i letti al mattino. Siamo in una piccola pensione, sa di famiglia, certo, ma è grottesco farsi servire e non mi ci rassegno: metto in ordine i piatti da far ritirare al cameriere, al mattino quelli della colazione dal tavolo li riporto alla signorina al bancone. Ho provao anche a dar un esame, ma il professore non è riuscito ad arrivare. I mezzi non sempre funzionano di questi tempi.
Lunedì parto, vado per qualche giorno dalla mia amica trentina. Una casa che conosco, visi che amo...e la lontananza che fa le idee più chiare. Mentre studio, devo riuscire a guardare un po' al futuro, il resto del mondo non si è fermato, devo capire cosa fare. Recuperare la prospettiva per prendere decisioni.
Ho ricominciato a sognare. A scrivere. Mariafelicia sta piano piano riemergendo dai calcinacci di un'esistenza organizzata, che è venuta giù. Dalla regolarità dell'imprevisto che comunque sapevi dov'era l'uscita d'emergenza.
M'irrita chi continua a ripetere che se il padrone di casa ci metterà troppo, possiamo sempre prendere affitto altrove. Non voglio andare altrove. Quella casa ci ha protetti, è rimasta in piedi. Non ci ha traditi. Voglio tornare lì. Voglio di nuovo le mie montagne, le montagne che dal balcone della mia camera ad ogni ora mutavano volto e d il bosco con le sue mille voci, la collina che nutriva le mie fantasie. Voglio di nuovo le gazze sui cornicioni e le rose a fiorire nel mio giardino. Voglio di nuovo l'ululato molteplice dei cani nelle notti di luna, riconoscevo sempre a chi apparteneva, ed il fischio del trenino ad uno o due vagoni laggiù a valle. Voglio di nuovo svegliarmi la notte non per la paura ma per la mia solita insonnia e riconoscere ogni ombra proiettata sulle pareti, muovermi al buio non per salvarmi la vita ma per passare le ore in attesa del sonno, scendere le scale piao piano, non in corsa, andare a controllare il gas enza farmi sentire, udendo in risposta solo il "blop" di saluto dei pesci rossi. Voglio di nuovo passare accanto alla parete attrezzata senta avere libri e vetri sotto i piedi, accanto al mobile lungo senza che bottiglie e liquore vengano proiettati contro le mie gambe. Voglio di nuovo guardare la televisione su quel divano, tutti e cinque ma per compagnia, non perché non vogliamo salire a dormire nei nostri letti.
Voglio la mia stanza di nuovo in ordine, i cassetti ben chiusi, la libreria con tutti gli scaffali bloccati ed interi, dormire sul mio materasso fatto apposta per non darmi dolore alla schiena, studiare sulla mia sedia dallo schienale alto. Voglio di nuovo non dover scavare in un borsone per trovare la mia spazzola.
Voglio. Non vorrei. Noi terremotati abbiamo perso il condizionale nei confronti della vita. Perché adesso più che mai l'affrontiamo a spalle larghe. Perché quel che ci danno è solo il dovuto, non cerchiamo nulla di più, il resto lo faremo da soli. Vogliamo farlo, vogliamo riavere la nostra normalità. La solidarietà, lungi dal denigrarla, non è verso le persone che accigliamo lo sguardo. Ma verso questa vita che è implosa, che si è sbriciolata, che ci ha buttati a terra. Perché saremo più forti.
Perché non siamo come quei manichini, spaesati e vacui, che al di là di un vetro ho visto riversi in terra. Quei manichini dalle folte chiome sintetiche che sembravano simulacri di un palcoscenico sospeso. Noi ci stiamo rialzando e rivogliamo quello che era nostro, quello che era vita di tutti i giorni.
Il centro storico è blindato, non ci posso andare. Non so cosa ci sia. Non so se riconoscerò le strade. I racconti e le immagini date sono raccapriccianti, sono i resti di un mondo che impiegherà anni a ricrearsi, secoli gettati nell'abisso da venti secondi di follia.
Venti secondi di buio. Quel buio diverso da quello della notte o di una stanza senza luce. Il buio vivo, in cui la corrente è andata via e tutto sta accadendo e tu ci sei in mezzo e non sai nulla. Il buio che ti afferra ai capelli facendoti urlare, ti senti urlare, il buio in cui non sai cosa ti sta cadendo addosso e perché non riesci ad alzarti, o meglio lo sai ma non lo comprendi, perché non puoi "capire", non puoi "contenere", quello che sta succedendo. Il buio in cui ti ferisci sui cocci dei tuoi ricordi, in cui corri a cercare di aprire una porta che non ne vuole sapere e gridi nomi.
Il buio, le grida, e poi il freddo. Tre staffilate indelebili. Tre cicatrici su una notte che ha posto fine a tante vite ed ha sconvolto migliaia di cammini.
Una notte in cui in venti secondi non riuscivi a pensare né ad uomo né a Dio. Venti secondi in cui non c'era pensiero. Il pensiero era spento. Solo buio e grida. E quella terra che non smetteva di tremare e la tua esistenza che andava sottosopra. E non capire, non vedere, non sapere. Qualcuno racconta di aver pregato, qualcuno di aver bestemmiato, qualcuno di aver pensato ai propri cari. Io in quei venti secondi non avevo pensiero. Ho spesso immaginato che quando avessi creduto di stare per morire, avrei raccomandato l'anima a Dio, invocata la Vergine. Qualcosa del genere. Ma io, non pensavo che stavo per morire, o che dovevo scappare, non pensavo niente. Per venti secondi la mia mente si è fermata. Non avevo pensieri, gridavo nel buio, stringevo una mano. Anche dopo, tutto quello che ho fatto dopo, finché non siamo stati in macchina, non l'ho pensato. Ero solo istinto. Agivo senza pensare. Come i cervi quando fiutano l'incendio. Come il gabbiano dentro la tempesta. Puro istinto, che ti spinge, trascina, solleva. Non c'è pensiero.
Non c'è nulla, in quei veni secondi del 6 di aprile.
Adesso, adesso si. Ci riappropiamo di questo. Dei pensieri, dei progetti. Per riavere la dignità di uomini. Per riavere tra le mani un filo che porta avanti. Non sappiamo ancora davvero dove, ma avanti. Nella vita che ci spetta, perché quella notte ci è stata preservata.
Nella vita che vogliamo.

umilmente vostra
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Inserito il - 11 giugno 2009 : 00:05:40  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 10 maggio 2009 : 00:02:17
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Vai vai proffe, così si fa Coi quadranetti come Don Milani.
(starò citando la persona giusta..uhm uhm)

Ragazzi basta parlare di roba da mangiare...qui mi hanno messo all'ingrasso, la padrona della pensione ha deciso che sono troppo magra. Fra un po' rotolo!

Oggi siamo andati a "fare ordine". Quando inizieranno i lavori, non posson camminare sui cocci.
Non è bllo, no. Camminare su ricordi polverizzati, irriconoscibili. Casa sembra vuota, adesso che sui mobli c'è tanto spazio. Qualcosa si è salvato, tipo un vaso di ceramica caduto da tre metri di altezza, in piedi. O dell minuscle bottigline della collezione di papà. Altre cose, sono state accuratamente catalogate in apposite bustine: pria o poi, le aggiusteremo. Ci proveremo almeno. Quel che si potrà recuperare.
La libreria che mi è caduta addosso è legna da ardere, al momento. Però ci serviva dove stipare dei libri, perciò per adesso è ancora poggiata al muro, legata con lo spago.
Ha fatto una scossa piuttosto forte, mentre pulivamo. Mamma tornava per la prima volta, è partita in quarta verso la porta, "Via via uscite". Noialtri non abbiamo avuto paura. Ormai, siamo assuefatti.
Vero, la gente è morta, perché assuefatta, non si è preocupata...
Sono andata via con il magone ed una forte debolezza in corpo. Se me ne dessero il permesso, tornerei stasera stessa a dormire nel mio letto. Anche con le scosse. Mi sono riaffacciata al mio balcone, a rivedere le mie montagne...con ancora la neve ed il bosco tutto verde...stanno fiorendo le rose...c'era un profumo dolce. Tolti i calcinacci, sembrava pronta ad accoglierci di nuovo, casa...certo c'è disordine, ma si aggiusta...
Ho pulito con cura l'acquario dei pesci rossi, i nostri immortali stanno una meraviglia. Almeno loro, danno un occhio alla casa. E me la fanno sentire meno abbandonata. Così freddo dntro, rispetto al sole fuori...mentre cercavo, ginocchioni in terra, qualcosa di riconoscibile...di riparabile...Dovevamo faro noi, perché mamma e papà non avrebbero sostenuto di maneggiare i resti di una vita di esperienze. Il cuore è il cuore, anche se sai che ti è andata bene. Anche se sai che non hai bare su cu piangere. Quando sei lì, è una scarica di pugni nello stomaco. Ed è, ancora e sempre, l'angoscia del sopravvissuto.
Mi seguiva nelle stanze, mi prendeva alle gambe mentre scendevo le scale. Insidiosa e pungente. Tu sei qui, voi siete tutti qui. Ci ritornerete. Mi sembrava un ago che mi pungeva la nuca mentre maneggiavo come petali fragilissimi dei ninnoli danulla, ma che a noi raccontavano storie. Storie di viaggi, di persone, di momenti. Tu ci sei e ci sarai per ricordare, per raccontare.
Che cosa? Venti secondi che cambiano la vita. Un racconto ripetuto ed irripetibile, come quelli della guerra.
E come reduci dal fronte, torniamo a cercare una casa che ci dia riposo. Torniamo a raccogliere i pezzi, come sfollati dopo il bombardamento. Un po' confusi un po' battaglieri. Cmmuovendoci perché la primavera è arrivata prima di quanto fossimo abituati. Come avesse sapto che ne avevamo bisogno.
C'è vita vegetale, dove non c'è l'umana. Le ghiandaie e gli scriccioli stanno facendo i nidi. I gatti miagolano in amore. La natura si riveste di livree accese. C'è vita, dopo la paura. Dove ancora serpeggia. Dove l'uomo aspetta di ritornare, loro sono già. A dire che, in fond, non si può piangere per sempre.

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Inserito il - 11 giugno 2009 : 00:09:02  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 20 maggio 2009 : 14:58:21
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Grazie per gli auguri ragazzi, vi voglio un bene immenso
Scusate la sparizione, non ho avuto rete per un po'. E chiedo scusa a chi mi ha fatto gli auguri via sms senza ricevere riposta, sono a corto di credito.
Per una settimana sono stata dalla mia amica più cara, come vi avevo preannunciato. Mi sono rigenerata. La quiete di una vita regolare, in una casa che conosco, la vicinanza di una persona che per me è una seconda sorella. L'immobile, protettiva solidità delle Dolomiti, nella loro parte boscosa e fresca, così simili alle mie adorate montagne ancora spruzzate di neve; il fruscio familiare degli alberi, le voci degli uccelli all'alba. Mi sentivo se non a casa, in un luogo che me la ricordava molto più di questo mare che non è mio.
Mi sono rigenerata, anche se ho scoperto una cosa che prima non si era potuta manifestare: io che sempre giravo casa al buio, adesso non lo so affrontare da sola. Il cuore mi va a mille, mi tremano le mani ed il panico mi serra la gola, cerco affannosamente intorno dove sono gli altri che erano con me, pronta a gridarne il nome. Me ne sono accorta avventurandomi per una scala senza accendere la luce. La notte, non riuscivo a dormireda sola, ogni scricchiolio del tetto di abete mi svegliava terrorizzata che fosse il preludio d'un disastro, cercavo i respiri delle altre persone nella casa, cominciavo a vagare accendendo tutte le luci, spiando ansiosamente dalle finestre che venisse l'alba e solo allora riuscivo a crollare, sfinita. Dopo avermi visto per due mattine andare a colazione più morta che viva, ely non mi ha lasciato più dormire da sola. Mi sentivo una bambina stupida, ma non potevo farci niente: tisane, valeriana, era tutto impotente di fronte a quel panico, a quell'angoscia. Da quando c'è stato il terremoto, non avevo mai dormito da sola, anche qui siamo stipati insieme. Non mi aspettavo di perdere quella capacità che ci ha permesso di trovare l'uscita quella notte. Pure, son stata tante volte da elisa, conosco quelle stanze a menadito. Ma al buio non riuscivo ad affrontarle, né a dormire. Panico, atroce, come un lupo acquattato, usciva a mordermi appena spegnevo la luce. A nulla valevano i lampioni fuori della finestra, a nulla le esortazioni della mia mente alla razionalità.
Per il resto, sono stata la persona più felice di questo mondo. Finalmente ho potuto piangere senza che mi si dicesse di smettere. Ho ritrovato, anche se per poco, la lucidità quietante di una vita regolata e normale. M sentivo quasi a casa.
Ora sono qui, con le energie rinnovate, decisa a finire entro luglio ogni esame, come avevo previsto prima del sisma. Non lo so cosa farò dopo, dove andrò, manon importa. Chi di dovere non si sta muovendo abbastanza n fretta, ma non importa: mentre loro calcolano e maneggiano, in attesa di ritornare a casa mia, posso ingranare la quinta io. Sono stanca di temporeggiare. Anche se mi sale l'ansia, anche se ogni tanto pensieri mi assalgono ed il libro mi cade dalle mani. Non importa. Un passo per volta, senza illudersi di essere di acciaio. Come la goccia che corrode la roccia.

Leggo di belle notizie, qui e lì Complimentoni prof!

E bravo il merry che torna all'origine...ma non sparire nhe

Trillina, secondo me hanno sbagliato all'anagrafe, tu hai più energia di me

Colle, concordo con l'anelluzzo, occhio che con la schiena non si scherza. Ed io lo so

Forza ricciolina, non demordere! A proposito, l'incontro fra suoceri com'è andato?

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Inserito il - 11 giugno 2009 : 00:10:58  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 23 maggio 2009 : 16:26:33
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Calcinacci...chissà perché, me la ricrdo quella sensazione Ci si mette un po' a liberarsene! Ci avrei messo le tende, sotto la doccia.

Caldo caldo caldo caldo caldo...peggio: afa. E pare passeremo qui tutta l'estate...anche se non sappiamo dove, ma sicuro sulla costa. Ohi mamma. Siamo solo a fine maggio e già mi sciolgo. Io emigro al polo!

Sto cercando di preparare un esame. Se la testa regge. Ma mi sembra d'avere il burro nel cervello. Flop. Standby.

Casa regge ancora. Ma il quartiere, sotto il sole cocente, coi giardini stile foresta amazzonica fiorita, sembra un vecchio west. Dentro no, è bello fresco, sembra aspettare solo noi, ora che è quasi in ordine, con i nostri immortali (leggasi, pesci rossi)a fare la guardia.
Camera mi e di Rita è la messa peggio. Sono crollate le mensole, libri ammucchiati ovunque tranne che sul pavimento. Televisore e stereo sul mio letto. Quello di Rita non è mai stato rifatto da quando ne strappai la gemellina la sera del 5. Sopra, cuscni, quari caduti, un cassetto vuoto, giacconi. Ci sarà tempo. è la stanza che sa più di terremoto, l'unica non immediatamente utilizzabile.
Ma fuori le montagne sono sempre loro. Ci aspettano.

umilmente vostra
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Inserito il - 11 giugno 2009 : 00:13:30  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 26 maggio 2009 : 15:59:48
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Auguri colleeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeeee

Cento di quesi secoli

Anch'io non vedo l'ora di riabbracciarvi, mi mancate un casino.

é ufficiale, la gemellina ha finito! Manca solo la discussione della tesi ed è una Dottoressa in Restauro


Ecco, è sera e nemmeno il tempo di festeggiare un po' senza pensieri. Il tre di giugno dobbiamo lasciare l'albergo. Ancora non si sa per quale destinazione.
Non era casa, no. Ma ci eravamo abituati. E adesso si ricomincia, chissà dove.
Cammino continuamente. Nelle ore fresche, a volte anche sotto il sole, quando non mi reggo più. Per sentire il corpo che va, senza guardarmi attorno. Movimento. Se i muovi, sei viva, puoi andare da qualche parte, non sai dove,ma senti il corpo che va, non viene portato, sei tu, viva, ituoi muscoli, la tua volontà. E puoi immag inare di camminare stto i portici, lungo il corso, inpiazza, alla villa. Le strade che non sono più come erano.
Puoi immaginare di ritornare indietro. Non reggo a stare a lungo ferma. Cammino, ormai so il percorso a memoria. Ma non guard i negozi e non guardo le persone. Cammino. Vado. Per ricordarmi com'era. Per ricordarmi com'ero.

No leggermi, ricciolina. Sono sempre gli stessi vaneggiamenti. Continuo a raccontarmi, a rivivere. A dipingere na situazione su cui non ho controllo. Su cui forse non lo voglio avere. Perché la mano non smette di cercare pietre che non sente più sotto le dita, gli occhi un orizzonte che non hanno. Con la paura del silenzio di una comunicazione mancata. Parliamo sempre, sempre del terremoto. Perché il silenzio pesa. E fa paura. E perché forse parlandoe te ne appropi, e fa meno paura.


umilmente vostra
Silma

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Modificato da - Silma in data 26 maggio 2009 22:36:15


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Inserito il - 11 giugno 2009 : 00:17:01  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 27 maggio 2009 : 21:47:52
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Ancora qui per dire di si ai miei sentimenti...

Ragazzi quanta malinconia...stasera il mare si agita e freme, il vento soffia forte e la gente grida davanti alla partita...sono in camera da sola, ma non è come a casa...
Mi sono scoperta a canticchiare la via prosegue senza fine...

Ma mentre qui seduto rifletto
ai tempi che fuggiron veloci
ascolto in ansia ed aspetto
il ritono di passi e di voci...

Perché stasera penso alle voci che non torneranno?
Abbiamo festeggiato l'anniversario di un matrimonio qui in hotel. Tutti con gli occhi lucidi. A dirci: di qui a un anno tutti insieme di nuovo, sotto i portici.
Perché non possiamo scrollarci di dosso la malinconia ogni volta che si parla di L'Aquila...
La vita batte nei petti e tutti stasera hanno pensato a chi non c'è a festeggiare. Un olto amico, o forse legato dal sangue, o semplicemente che vedevi tutti i giorni.
Non si festeggia più allo stesso modo. Si brinda sottovoce. Per non disturbare chi, accanto, ancora piange e veglia. E non preparerà mai più una dolce festa per chi ha lasciato in una bara.

umilmente vostra
Silma

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Inserito il - 11 giugno 2009 : 00:19:26  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 03 giugno 2009 : 15:50:12
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Dopo tanta pioggia, qui come in umbria, ieri sera, mentre cenavamo, si è aperto il cielo e dal mare è sorto uno splenido arcobaleno...si faceva via via più distinto, i colori più vividi, abbracciava in un arco perfetto tutta la costa, con i suoi sette colori di luce...una speranza che nasceva dalle onde pacificate proprio di fronte a noi ed in esse si rituffava, lungo tutto il litorale...come una speranza che circondava idealmente tutti noi che sulla costa viviamo il tempo dell'attesa...
è stato splendido..

umilmente vostra
Silma

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Inserito il - 06 giugno 2009 : 19:56:55
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Un giorno piove e si allaga, il giorno dopo sole, si asciuga tutto tranne i sottopassaggi, il giorno dopo piove di nuovo...ormai è così :-P

E siamo a due..due mesi...Alla festa dell'Arma a L'Aquila, ieri, c'era una mia amica, siamo insieme all'uni dal primo giorno. Salvata da due carabinieri dopo sette ore sulle macerie in bilico della sua casa. Ricordate quella che vi dissi, del perito dello tsumani? Lei.
Sono due mesi e tutti a dire che l'emergenza è passata. Quale? Quella di recuperare le persone da sotto le macerie? Si, è l'unica che è passata.
Le perizie non sono ancora definitive. Il decreto ancora non è pronto né tantomeno operativo. Le macerie ci sono ancora, i palazzi non sono tutti in sicurezza, anzi al centro quasi nessuno, non tutto il recuperabile è stato ancora recuperato né l'inservibile abbattuto. L'ospedale solo in parte attivo, le scuole chissà se a settembre davvero ce la fanno, per ora maturità sotto le tende. Pochi negozi, pochi che han voglia di andarci, ci entri per bisogno, perché non sai dove andare, o per cercare qualcuno. Le persone sono ancora nelle tende, o sulla costa, a passare da una stanza all'altra, da un albergo all'altro, a mano a mano che arrivano i clienti paganti. Già, perché gli albergatori ancora non li paga nessuno. E qualcuno non ha più da investirci, nella solidarietà, e mette gente alla porta. E comunque, se la stanza era prenotata, c'è poco da fare, chi non sa cosa sia il terremoto mica può cancellare la vancanza per te.
Due mesi, con soldi promessi che nessuno ha visto ancora, proveddimenti in bilico, vita precaria. Polemiche che non ci va di fare né di sentire non a chi ha sofferto davvero.
Qui al Quaglia siamo rimasti tre famiglie: noi sette, un signore della Sovrintendenza ai Beni Culturali con moglie e figlia, ed una signora che lavora sempre e non c'è mai, con le figlie. Gli altri si son dovuti trasferire altrove, o, beati loro, son tornati a casa.
Ci guardiamo e ci sentiamo reduci. E sappiamo che da domani saremo un gruppetto guardato con curiosità dai clienti "veri". La signora qui e i ragazzi camerieri non ci fanno sentire la differenza, ma sappiamo che c'è. Si sente nell'aria se solo cammini, tra i primi gitanti. Riconosci a vista, se quelli nel campo di palla a volo sono terremotati o ragazzi di altre parti. Se quella famigliola è sfollata o no. Se i signori anziani che giocano a carte hanno perso la casa e le abitudini.
Noi, abbiamo il grido della farfalla negli occhi.
Così lo dico io, con un'espressione che sta cercando di farsi racconto, per buttarlo fuori, una volta per tutte. Ma non si può. Continuiamo a raccontare. Sarà il racconto della vita, alla fine.
Due mesi e ci guardiamo e cerchiamo di ricominciare, un giorno va meglio l'altro peggio. Ma non ci sentiamo in vacanza, proprio non ci riusciamo.
Esco e cammino per respirare, qui lo spazio è troppo stretto. Questo mare che non ha miti da raccontarmi, non ha più leggende, è solo attesa.
Mi sono messa a scrivere fiabe. Non so nemmeno da dove vengano, così banali non le scrivevo da quando avevo l'età di leggerle. Lo schema prevedibile del giovane povero ma buono che trova un tesoro, della fanciulla modesta e bella che sposa il principe, della strega e del mago, del castello incantato. Personaggi così triti che non serve nemmeno descriverli, sappiamo già tutti come immaginarceli. Però le scrivo. E quando poso la penna, un po' mi sento confortata. C'è qualcosa di rassicurante nella fiaba: sai già che finisce bene. E quei personaggi, sai che saranno così o così: niente sorprese, se non quelle racchiuse in un circolare orizzonte di limitate possibilità. E alla fine, vissero felici e contenti.

A mille ce n'è...nel mio cuore di fiabe da narrar...

Com'è che faceva, poi, quella cassetta? Non me lo ricordo più. Mi sa che da qualche parte ce l'ho ancora, se non si è rovinata. Merry, mi aiuti?
In fondo, da che mondo è mondo, gli uomini nei momenti bui si consolano raccontandosi storie.
E lo facciamo anche qui noi. Quando siamo tutti insieme, o da soli. Raccontare ti salva la vita. Nessuno è mai morto raccontando una storia. In una storia, alla fine ti ritrovi sempre.
Per questo, al cinema vado a vedere i fantasy. O le commedie romantiche. O i drammi storici che sai già come finiscono. Perché che tu sogni, ridi o pianga, alla fine ti ritrovi sempre.

Come ritrovi una mano che nel buio afferra la tua e sai che siete ancora vivi.

C'era una volta, tanto tempo fa, in un regno lontano lontano...

umilmente vostra
Silma

<<la vide fra le sue braccia splendere e brillare,
fanciulla elfica ed immortale>>


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Inserito il - 07 giugno 2009 : 21:48:06
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Grazie prof

Ragazzi, che incubo oggi...non ne avevo mai avuti così vividi dal terremoto.
Sono andata a camminare, mi sono fermata prima del pontile che si allunga sul mare. Il vento mi spingeva in viso sabbia ed odore di salsedine. C'era, sul muretto, una scritta col pennarello indelebile nero: la data del primo bacio, la costatazione che sono ancora insieme e la promessa di restare insieme per sempre, tutto dentro a un cuore. Chiamateli teppisti, ma...chi commemora il primo bacio a tre anni di distanza oggigiorno? Mi ha fatto dolcezza.
Lì sul limitare del mare che sa raccontare solo attesa...una scritta illegittima, ma palpitante di vita ancora in fiore.

umilmente vostra
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Inserito il - 07 giugno 2009 : 21:54:18
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Forse è naturale in incubo del genere, data la situazione. Però è stato troppo vivido.
Non ero addormentata profondamente...ero in quello stato di dormiveglia quando stai per svegliarti. Quando secondo gli antichi gli dei mandavano premonizioni.
Sono sola in una casa sconosciuta, in un palazzo, semivuota quanto ad arredamento, non ci ero mai stata prima; guardando dalla finestra, vedo i nonni che arrivano con la spesa e sento mamma che mi chiama dalla strada, perché scenda a dare una mano con le buste; so di essere a L'Aquila. Cerco di scendere, ma continuo ad imboccare scale, bianche con la ringhiera di ferro ed il corrimano in legno, che portano a pianerottoli, androni, porte, continuo a sbagliare strada, scendendo salendo girando in una sorta di labirinto. Alla fine esco, e tra le case, nel vicolo, vedo, in alto, il palazzo del Tropical, il bar vicino una delle sedi dell'uni...so che proprio di fronte cè Camponeschi, l'unico palazzo di cui non abbiamo foto e nessuno sa come stia, solo che è crollato, penso che finalmente potrò andare a darci un'occhiata; intanto nonna mi ha raggiunta e mi dà le buste. Ma d'improvviso, le pareti delle case si stringono, mi separano da lei, non riesco a muovermi né a girarmi c'è solo muro ruvido attorno a me, mi preme mi soffoca; lo scorcio che vedevo tra le case lo vedo ancora, in alto, sembra una feritoia nel muro del forte spagnolo a L'Aquila, mi divincolo cercando di raggiungerla, arrampicarmi come un bruco, non sento più gli arti, né piedi né mani, vedo il palazzo del tropical e le mie montagne ed uno scorcio di cielo dorato, invaso di sole, niente azzurro solo luce d'oro, respiro a pieni polmoni aria fresca, ma le mura ricominciano a crescere, portano la feritoia sempre più in alto e non riesco a respirare, mi comprimono mi bloccano mi serrano come un sarcofago troppo stretto ed io sono in dormiveglia, vedo nebulosamente il letto su cui dormo e mi dico svegliati svegliati adesso!
Mi sveglio, ansimando dolorosamente, e mi ritrovo rannicchiata su me stessa, le braccia in croce sul petto ed i pugni a spingere contro la mia gola.


umilmente vostra
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Inserito il - 10 giugno 2009 : 10:16:13
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Gente, vi scrivo da un nuovo supporto, Flipper *_*
No, non il delfino è il mini-pc gentile dono della Vodaphone agli studenti terremotati. Dovevo dare un nome all'account d'ingresso e volevo una cosa simpatica per questo aggeggino, e bhe...avevo il mare danavanti ed un delfino di pezza accanto, per cui si chiama Flipper

Che poi io lo chiamo aggeggino, ma pare sia un supporto di tutto rispetto questo compiuterino qui...mi ci sto divertendo un sacco perché sembra di usare la mini-macchina da scrivere che avevo da bambina [:-P].
E così risolto fortunatamente il problema di essere in due a preparare una tesi di laurea

Rita il 23 indossa tocco e mantello e diventa Dottoressa in Restauro...perché mi viene da piangere già adesso...
Ieri è andata con mamma a cercare delle "bomboniere", perché i parenti nonostante tutto se l'aspettano. Ha ideato dei sacchetti di tulle con fiori di rafia per i confetti rossi che sono un amore. Io personalmente avrei evitato, ma mi sono accorta con sorpresa che lei ci teneva...lei che queste cose le ha sempre odiate. Non so...forse le sanno di...normale? Nel senso di vita normale...quella di prima insomma.
Capisco benissimo invece l'idea del sacchetto: pratico e veloce come è lei...e non si rompe. Capite anche voi, vero?

Sono chiusa in camera perché ad aspettare la prof della tesi in tendopoli mi sono ustionata. Due giorni che soffro con le spalle color gambero cotto e non vuole smettere di bruciare. Non riesco a tenere addosso quasi niente. Però ne è valsa la pena, almeno ho iniziato a mettere un punto fermo di qualche genere e mi ha dato contatti per la ricerca bibliografica, visto che non ho più una biblioteca di facoltà.

(Ragazzi niente più refusi ogni tre parole...amo questo pc *_*)

Qui cominciano ad esserci sempre più gitanti, non posso più studiare sotto il portico perché c'è troppa confusione. Dovrò scovarmi un altro posto fresco più tranquillo...sul balcone c'è un po' di vento ma è completamente scoperto, finisco alla brace

Ogni volta che vado a L'Aquila vedo gente che non avevo ancora incontrato. Sempre bello...Ed incontro sempre il mio rettore, che ogni volta mi fa una carezza. Senza dire niente. Non so perché quel gesto, ma so che mi mette in cuore tanta dolcezza. E che non trovo mai qualcosa da dire per cercare di farlo sorridere...ha sempre un'aria così oberata e stanca...eppure è sempre lì.

Una collega d'uni mi ha raccontata la seguente scenetta:
Lei è di Onna, paeselo ormai tristemente famoso. Stava in tenda con i nonni la notte che a L'Aquila fece una tromba d'aria (piove sempre sul bagnato...). Ad un certo momento vede la nonna che cheta cheta si mette il vestito, le scarpe col tacco, aggiusta i capelli e la borsettina, tutta precisa. "A nonna ma che fai?"; e lei, seria seria: "Senti, se devo morire, mi voglio presentare elegante, io! Mica come quella notte che siamo usciti tutti così come eravamo. Te fa quello che te pare, io mi metto sistemata."
Come si fa a non volerle bene a una così?

Meno divertente è il fatto che ogni volta l'autobus fa strade nuove...e vedi distruzioni che non conoscevi ancora...e senti che il tuo sguardo è illegittimo, che violenta quell'intimità che il sisma ha messo a nudo, che non hai il diritto di lasciarlo entrare senza invito nelle case sventrate nelle camere abbandonate negli uffici senza più nessuno...eppure guardi, non puoi non guardare e non sai nemmeno tu perché. Poi lo capisci, perché: cerchi ansiosamente di capire, come se potessero dirtelo le pietre, se chi ci abitava è ancora vivo. Cerchi disperatamente un segno che ti sollevi, che ti faccia sapere che lì non si è consumata una tragedia. Cerchi di aggrapparti a qualcosa che allontani l'ombra truce del lutto. Per questo non puoi smettere di guardare.
E non puoi smettere di leggere i giornali, servizi di giornalisti che parlano della tua città ed a volte di gente che conosci.
Ed è così strano, sentire altri che parlano di quel che non hanno vissuto. Loro possono descrivere, si. Ma non possono r a c c o n t a r e. Raccontare è quello che facciamo noi sopravvissuti. Che non possiamo smettere di fare.

umilmente vostra
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Modificato da - Silma in data 10 giugno 2009 15:23:36


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Inserito il - 11 giugno 2009 : 00:46:57  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
E adesso mi domando...se per un estraneo questo potrebbe avere un senso.
E adesso mi domando...se in fondo è una storia che vale la pena raccontare. Non ho perduto nessuno, nemmeno casa mia. Non sono stata estratta dalle macerie, non ne ho estratto nessuno. Non ho visto crollare case abitate attorno a me.
Pure, io c'ero. Io ho s e n t i t o.
Il terremoto non è solo la casa che crolla e ti seppellisce.
Il terremoto è tutto. Il terreoto è il vuoto che t'inghiotte. Lo stato mentale, la tragedia, la mano alla gola. Il terremoto è il buco nero, è l'asfissia.
Il terremoto è quello che ho raccontato. Che continuerò a raccontare. Che vive in una cicatrice che non svanirà.
Lo porteremo nel sangue. Lo porteremo nell'anima.


C'era una volta un giovane scrittore, che non riusciva a trovare il finale per il suo ultimo libro. Provava e riprovava, ma nessuno andava bene. Cercò il lieto fine, ma suonava troppo felice; cercò la tragedia densa di trasporto emotiva, ma suonò troppo triste; cercò il fatalismo, ma era troppo fatalista; il cinismo era troppo amaro, lo scherzo troppo allegro, lo sfumare indefinito troppo dolce. Insomma, nessun finale andava bene.
Un giorno gettò via 'ennesimo foglio ed uscì dalla sua cameretta, per andare a passeggiare.
Passeggiando, incontrò un giovane bellissimo che lo fermò chiamandolo per nome, lo salutò e gli disse:
-Hai l'aria di cercare qualcosa.
Il giovane scrittore annuì:
-Cerco il finale per il mio libro, ma nessuno va bene.
-Vieni con me.
Il giovane bellissimo s'incamminò e l'altro lo seguì, pieno di curiosità, perché lo straniero sembrava molto sicuro di sé e sperava che potesse aiutarlo davvero. Camminarono e camminarono ed infine arrivarono su un'alta montagna, da cui videro quelle che sembravano rovine di mura merlate su un colle in fondo ad una valle. Il giovane bellissimo non diceva una parola, ma condusse il giovane scrittore verso la città: perché di una città si trattava, o meglio si era trattato. Adesso era irriconoscibile. Le strade erano spezzate e confuse da frammenti di muro e di vita riversatisi sulle loro curve e rettilinii, le case non erano più case ma gole squarciate e volto cosprasi di cicatrici orrendi, i campanili pendevano prossimi al crollo, come teste malamente mozzate. Ovunque si posasse lo sguardo, si sentiva di fare violenza a qualcosa, a qualcuno, perché si sarebbe dovuto incontrare un muro, invece c'era un palcoscenico d'intimità interrotta, impolverata, immobile. Non c'era nemmeno il vento, tutto era cristallizzato, pietrificato, instupidito. In attesa di chi non sarebbe ritornato. C'era nell'aria l'odore dell'incuria, i miasmi dell'abbandono. C'era il silenzio ritmato da un sasso che si stacca e rotola via, senza nessun bambino a calciarlo.
La città era morta o stava morendo. Le piante però erano rigogliose: sembrava che la natura volesse nascondere tutto, tanto folta era l'erba nei giardini, tanto carica di fiori, tanto lussureggianti gli alberi. Papaveri si azzardavano persino ad insidiare le aiuole ordinate e l'asfalto, ma non c'erano ragazze ad ornarsene i capelli vezzosi.
Non c'era nessuno ed i passi dei due intrusi non si udivano, ovattati dall'assenza.
Il giovane bellissimo condusse il mortale attraverso tutta la città, senza mai girarsi, senza mai parlare. Pareva senza pensieri, senza sensazioni. Eppure non era freddo.
Alla fine, uscirono da dove erano entrati e tornarono alla montagna. Solo lì il giovane bellissimo si fermò e guardò lo scrittore. Quello rimase muto un poco ancora, poi disse, serio:
-Mi hai dato un finale?
L'altro sorrise.
-Ti ho dato un inizio.
Lo scrittore annuì, perché aveva capito.


Non lo so se questa fiaba-non fiaba ha senso. Forse è solo l'ennesimo sproloquio. L'ennesino tentativo di far comprendere, di far sentire.
So che quell'angelo stanotte mi ha data un'oncia ancora della sua magia.
Voi lo sapete come si fa, ad iniziare dalla fine?
Basta cambiare prospettiva.

Ancora qui al Quaglia, ancora qui a narrare. Nella notte lunga della solitudine, in un letto troppo morbido. Nel ronzare dei pensieri che si tengono per mano.


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Narya
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Neverland


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Non ho parole stellina. Solo una cosa: vai avanti.

Sai che sei un dono del cielo vero?

Sani!
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"I amar prestar aen. Han mathon ne nen. Han mathon ne chae. A han noston ned 'wilith."

"Sai quanto pesa la lacrima di un bambino viziato? Meno del vento. Sai quanto pesa la lacrima di un bambino che soffre? Più del mondo" (Gianni Rodari)
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Luthien82
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[:-x] continua così bellona. Più abile la penna più alta la gloria.

Anche la creatura più piccola muta le sorti del mondo.
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Inserito il - 13 giugno 2009 : 22:31:13
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Uscita viva dalla fossa?

Qui comincia ad esserci sempre più gente...non posso nemmeno più camminare in pace, dovrò trovarmi un itinerario meno frequentato. La gente passeggia per spasso, io ho bisogno di andare, m'irrita trovare ostacoli continui, m'interrompe i pensieri e l'immaginario.
Ho iniziato a scrivere a ritmo vertiginoso cose il cui senso non mi è chiaro. Forse non importa che lo sia.

Però gl'incubi non mi danno tregua. Continuo a sognare di trovarmi coinvolta in scosse enormi. Ogni volta in un modo diverso, luoghi diversi dell'aquilano...oggi addirittura mentre ero a guida di un'auto (io che guido?!) e mi ero infilata chissà per quale ragione dentro una specie di fienile, con gente estrosa mai vista prima. Oppure mentre sto aiutando degli amici a recuperare roba dalle case. Non sono soffocanti come il primo, mi sveglio sempre in tempo...ma poi appena vibra qualcosa salto. Di nuovo.
Ci deve essere qualcosa che non riesco a metabolizzare. Forse è la paura per Rita che va a fare i recuperi col volontariato, in posti non sempre messi in sicurezza del tutto. Credo sia questo. Il legame gemellare che non ha requie e quando dormo non lo posso tenere sotto controllo.



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Inserito il - 15 giugno 2009 : 14:35:27
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"Come fai a riprendere le fila di una vecchia vita, quando hai scoperto... che non si torna indietro. Ci sono cose che il tempo non può accomodare. Ferite talmente profonde, che lasciano un segno."

Ti ricorda nulla, anelluzzzo? Una grande verità. In questo caso come in tanti altri. Con i sogni imparerò a convivere. Svaniranno, poi ritorneranno, come sempre fanno gl'incubi generati dalla nostra storia. In una reciproca confidenza.
Se esiste un modo per liberarsene, non lo consco; non sono nemmeno così sicura di volerlo conoscere. Va bene così. C'è un perché, se non si può smettere di ricordare.
Questi sogni che adesso mi disturbano le notti, un giorno forse serviranno ad altro. A ricordarmi la ragazza di adesso, il mondo di adesso, un pezzo della storia di tanti. Forse liberarmene mi toglierebbe qualcosa. All'inquietudine che portano ci si abitua.
La poesia non nasce mai da una gioia pura, non è vero?

Mentre scrivevo, avevo alle spalle due piccoli ospiti dell'albergo, ipnotizzati dalla mia tese. Due cuginetti di terza elementare, che hanno esordito, indicando il mio quaderno, con: "Hai scritto un tema?". Io ho sorriso. "Si, un tema un po' lungo. Si chiama tesi". Mi sono rimasti appiccicati per mezz'ora, guardandomi ricopiare al pc. "Ma davvero hai scritto tutto tu? Ma davvero sai l'inglese! Come scrivi veloce! è difficile imparare? Ma sono tutte parole tue sul serio?" e via di seguito. Mi facevano una tenerezza. Quando però hanno saputo da dove venivo, si sono ammutoliti qualche secondo, guardando a terra. Poi hanno ricominciato. Come se nulla fosse, o se fosse meglio non pensarci e comunque il mio tema che parlava d'indiani era più interessante. Cari...

La gemellina ha rischiato la vita per la patria...sono andate a prendere una madonna per portarla a catalogare per il restauro e la gente del paese si è rivoltata, fino a tirare sampietrini contro loro e i vigili. Capisco la paura che la statua non torni mai indietro, capisco aggrapparsi al poco che è rimasto cui aggrapparsi in una comunità che ha perso tutto...ma insomma!

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Inserito il - 16 giugno 2009 : 22:38:37  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Ragazzi, stasera voglio un poco raccontare. Volete? Sono tanto stanca, le ore di pullman mi pesano sul petto e sulle gambe, ma le dita sulla tastiera scorrono senza curarsene affatto.
Voglio raccontare, perché un amico mi ha appena detto, al mio ripetere che vorrei poter dormire nel mio letto, che il momento in cui lo potrò fare <<sarà il momenti in cui recupererai.. non so, forse dico una sciocchezza, ma molti sogni che hai lasciato proprio in quel letto.. li recupererai di sicuro>>.

E così stanotte vi racconto di come è adesso L'Aquila. Di come l'ho veduta oggi, andando a parlare con la prof della tesi.
Perché di giorno L'Aquila non è, se non ti avvicini troppo al centro, una città fantasma. C'è gente che viene e gente che va, uscita dalle tendopoli, o nel flusso costante di pullman che da ogni angolo d'abruzzo e sin da Roma portano qui chi non ci può più abitare, ma ci vuole ancora vivere. C'è gente che viene a lavorare nelle tende e nelle strade, nei container e nei piani terra agibili. Ci sono militari e forze dell'ordine e gruppetti di universitari in attesa del prossimo autobus arancione ed ammiccante. Ci sono le vecchine che annaffiano i giardini di case che non sanno quando potranno abitare di nuovo e signori col bastone che guardano i palazzi sventrati. Ci sono divise d'ogni genere che non stanno mai ferme. Ci sono auto e mezzi e motorini e moto e autobus e chi più ne ha più ne metta. Ci sono cani vagabondi od al guinzaglio, piccioni, gazze, uccelli come sempre ce ne sono stati e gatti che sembrano capire più di tutti gli altri.
Finché c'è il sole, ce una grande attività. Ma di una specie particolare. Il terremoto è nei discorsi, nelle voci, nei gesti, negli sguardi. Siamo e restiamo una popolazione ferita, vite precarie, disegni incompleti. Si sente, si vede, chi più chi meno lo siamo tutti...

Vi racconto come avviene. Vado a piedi lungo la via nazionale da qui alla stazione, lì prendo il pullman. Se è diretto, fino a L'Aquila, se no cambio a Val Vomano, dove c'è la fermata con la pensilina ed il bar. A L'Auila, si arriva attraverso il traforo, si vede dall'alto S.Gabriele con le sue tende blu, si passa ai piedi del Gran Sasso che ha ancora un po' di neve...un gigante gentile e forte, che fa ombra al sole, contro un cielo azzurro che sembra troppo piccolo per contenere tutte le preghiere.
Ci sono tanti autobus, adesso, non si va più a caso ad aspettare. Hanno dei percorsi meno flessibili, ma alla fine più o meno tutti all'università ci arrivano. Università ed ospedale. Attendati. Con sempre maggior ordine, ma più di tanto non si può chiedere...

E oggi per la prima volta ho ricordato. Ho guardato una montagna, che si vede dalla tendopoli dove faccio gli esami, accanto all'edificio in piedi ed alla tendopoli della protezione civile. Quella montagna ha delle conformazioni rocciose, nel verde della vegetazione, che sembrano rovine di un castelletto medievale. Sono rocce, ma sembrano le memorie dell'opera umana. Cimeli in una bocca sdentata, corona caduta dal capo di un re distratto che non è tornato a riprenderla.
Allora ho ricordato. La Storia che si ripete. Quello che tutti sapevamo e che nessuno voleva guardare: non saremo mai al sicuro. Non dal terremoto. Non se non costruiamo ricordandoci ogni giorno che è sotto di noi, che prima o dopo tornerà, perché lì, in quella conca, lui ritorna.
Non saremo mai al sicuro. Questa può essere la debolezza o la forza della nostra rinascita. Dipende da come la useremo.

Non mi stanco di viaggiare, non nell'anima. Ma oggi ho perso il pullman ed aspettavo quello dopo. Ed avevo le chiavi nella borsa.
Perché non andare a dormire a casa? Appena una passeggiata, fatta mille volte, dal terminal e casa. Apro la porta, due scale e sono nel mio letto. Perché no? Nell'armadio c'è un pigiama, da qualche parte. Basta spostare i libri ed ecco che ho spazio bastante. Perché non andare a casa a dormire?
Sapevo ch'era stupido, che non potevo. Ma mi sono lusingata di accarezzare a lungo l'idea. Casa mia, nel mio letto. E venisse quel che voleva venire: ero al sicuro. Ero a casa.
Ci sarei stata così bene...

Invece sono qui a scrivere in un letto estraneo, troppo morbido, troppo di altri. Dopo più di un mese è diventato familiare, ma...
Ecco, nel mio ho lasciato i sogni. Per questo non riesco a fare progetti. Mi sono dimenticata come si fa. Devo tornare nel mionido a prenderli...


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Inserito il - 19 giugno 2009 : 16:47:27  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
A L'Aquila c'erano tanti striscioni. Adesso via via qualcuno lo tolgono. Un applauso a L'Aquila, appena arrivati al terminal; TerremoTosto, Vogliamo tornare a volare. Via via ne appaiono di altri, per dire di chi riapre, di chi si è spostato, e questi servono a sapere quali strade sono di nuovo percorribili, almeno in parte, quali hanno ricominciato a vivere un poco.
E fra un cartellone e l'altro, le case. Ai livelli più vari d'inagibilità, per lo più, soprattutto verso Coppito, dove c'è l'università. Dove passo sempre con un autobus diverso, percorsi sempre diversi.
Palazzi reduci da aggressioni disparate di un universo impazzito. Taluni portano agli angoli crepe irregolari che sembrano segni di morsi enormi, fauci spaventose li hanno azzannati, le finestre quasi strappate via da unghiate che hanno lasciato segni profondi, sfregi inguaribili. Altri paiono essere stati presi a pugni da giganti poco amichevoli, le pareti saltate via, guardi nelle case senza sapere che cosa. Altrove, meteoriti hanno sfondato tetti ed aperto crateri in prati che prima ospitavano dimore di uomini. Dei cancelli di pietra sono divelti e rosi come da secoli, in venti secondi.
E così, in un paesaggio devastato senza una ragione, si annida la vita che stiamo cercando di riscoprire.
Ogni tanto, trovi gruppi che bivaccano tra le macerie. Guerrieri con elmetti arancioni al posto della celata e casacche fosforescenti in luogo dell'armatura. Che cercano di riportare luce in questo paesaggio di guerra perduta contro forze più grandi dell'umano.
Il Gran Sasso su tutto resta immobile, come uno strumento dimenticato tra i boschi lussureggianti, una pietra appuntita e dentellata, abbandonata dal gigantesco progenitore che lo usava per spaccare le ossa per la cena e succhiarne il midollo.
Tempo senza tempo, che ogni tanto si ferma, si pietrifica, guardando in due occhi che conoscono la tua stessa paura. In silenzio. Pochi secondi, poi è passato...

Passato, nel sapore di un pasto sotto una tenda, nella luce accesa in una più piccola, dove una ragazza di chissà dove scrive un sms, dopo una giornata al servizio degli altri. Passato, nell'abbraccio di chi ringrazia il cielo che tu, proprio tu, sei viva e te lo dice, dolcemente, in un orecchio.
E dice il tuo nome. Il tuo nome...per dirti che quella carne è ancora tua, il tuo corpo che sente e parla e vede e si muove su quest'orizzonte incerto, ma tu senti che non sei un'ombra, perché chiamano il tuo nome e le ombre non ce l'hanno un nome.
Ti chiamano per nome...e senti che ci sei. E senti che se non sai più niente, se non vedi più...almeno, ancora SEI. Sei. Forse per ricominciare è già qualcosa.
Sei, tu ed il calore di chi ti vuole bene.

umilmente vostra
Silma

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Modificato da - Silma in data 19 giugno 2009 19:28:32
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Inserito il - 25 giugno 2009 : 14:49:29  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 20 giugno 2009 : 23:07:26
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è...successa una cosa...che...non so...
Ero in panico...totale opprimente..Rita dice che oggi la terra bolliva sotto i piedi, che si mormora di non dormire in casa perché il Radon cresce e sta per venire una scossa forte come quella...forse stanotte stessa..
Ho preso la Bibbia, ho letto ad alta voce un Salmo, a volte il ritmo incantatorio dei versetti mi placa, lo usavo spesso questo metodo le notti che avevo paura del terremoto...poi, sempre ad alta voce, ho pregato...che la terra si fermi, che si possa avere di nuovo pace, tornare a godere delle bellezze che Dio ci ha dato in questa vita che ci ha preservata, tornare anche noi a cantare nella nostra città le sue lodi...ho pregato Gesù e Maria d'intercedere per noi...
E...io non so...d'un tratto, la voce mi si abbassava grado a grado...sentivo come se una mano mi passasse sugli occhi, come una carezza...e la paura scivolava via...ed ora, non sento più il panico...
Io...dalla notte dopo l'operazione, non mi era capitato più di sentirLo...così...così vicino, sentire una certezza simile...

umilmente vostra
Silma

<<la vide fra le sue braccia splendere e brillare,
fanciulla elfica ed immortale>>


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Inserito il - 24 giugno 2009 : 12:44:29
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No, partiva già da 106 con la media degli esami, signor malpensante tsk!

Noi, ragazzi di oggi noi, con tutto il mondo davanti a noi, viviamo nel sogno di poi...

Così canto nella testa, dopo questo giorno segnato dal successo di Rita e dai miei cattivi presentimenti. Mi hanno accompagnata anche oggi a L'Aquila. Non so perché, ma sento...l'aria è tesa, troppo, paure, perdite...l'incertezza di un domani di pace che tarda a venire, del chiedersi quanto ci sarà rimasto della vita di prima quando il poi arriverà.
Chiedersi se queste gioie sono le ultime, o le prime.
Chiedersi troppe domande senza risposta umana possibile.
Vanificare gli sforzi con un cuore troppo pesante.
E stringersi, perché il calore umano non ha prezzo e non lo puoi abbattere. Perché resta nella notte che non puoi dormire e nelle notizie che non vuoi più ascoltare.

L'uni si organizza, sorgono tensostrutture più grandi, tutto viene pavimentato, cemento sostituisce il fango...tutto diventa più stabile. Fino alla prossima volta. Alla prossima tenda spostata alla prossima nuova gru, alla prossima assenza per i mezzi o per la salute che non va, alla prossima carta perduta e promessa tradita. Alla prossima visita istituzionale.

L'orologio della piazza centrale non vuole saperne di avanzare...

Canzone sentita per caso ed è vero, le cose cambiano ma gli orologi sono fermi.
In casa il cucù canta per il silenzio, le piante cominciano a ingiallire, il pesce rosso fa la guardia alle cose in attesa. Limbo senza di noi...nel sogno di un poi che non arriva.
Qui, altro limbo, di albergo senza privacy, persone cui vuoi bene ed altre che fan solo confusione. Reduci di esistenze infrante che sono di troppo nella ressa che vuole staccare la spina, svagarsi. Non esco per non incontrarli. Per non sentire di più l'incertezza, la diversità. Non farmi riconoscere, se salto ad un tonfo, se trattengo un grido al buio improvviso.
Se ho i miei fantasmi che mi seguono, studate, sia detto che non è fatto apposta. Siamo ombre di un teatro interrotto, credete che non vogliamo offendere, ma proprio non ritroviamo quella scena ch'era nostra. Voi la strada la sapete?


umilmente vostra
Silma

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Inserito il - 25 giugno 2009 : 15:03:56  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Fotogrammi. Di uno spazio in frammenti e di un tempo scosso, ogni volta diverso, ad ogni viaggio, ad ogni ritorno, talvolta più tetro, talvolta più luminoso.
Non mi ero resa conto si vedesse il Castello dal cimitero; era una vista abituale; adesso, distinguo nettamente la sommità a stella dei bastioni e la parte crollata: tetto come tesa floscia di cappello sformato, grandi finestre che sono orbite vuote spalancate al posto dei mattoni caduti, che hanno sconvolto quella corona più nuova sull'edificio di ieri, guerriero con la celata lacerata e contorta, a sovrastarlo una gru pietosa, arancione, chiara, pellicano che non ha sangue da donare ai piccoli affamati.
Cercavo la nuova sede della libreria universitaria, sono andata, per la prima volta, a piedi su Via Strinella. Non è il centro, ma...era una via frequentatissima, alla base d'ogni alto palazzo negozi, vie e viuzze che sboccavano su quella principale, un incubo per le lezioni di guida, dovevi avere cento occhi, per attraversarla a piedi era un tormento, viva frequentata e nervosa.
Adesso...
All'inizio, camminavo sola. Macchine passavano veloci e desolate. Dalla prima casa, un uomo e una donna portavano via mobili ed oggetti avvolti in tappeti, sospirando e cercando di canticchiare. Un camioncino aperto, scena di trasloco sommario, di fuga ordinata, composta, dignitosa, da quelle scale che chissà se reggeranno.
Dopo, silenzio. I grandi palazzi sfregiati erano immobili, spettrali. Guardavo in alto, balconi pericolanti, tegole smosse, cicatrici profonde sulle facciate, finestre strappate via...guardavo in alto e passavo, un nodo alla gola. Non avevo paura crollassero, no...avevo dolore. Dolore di quell'abbandono.
Sulla cornice superiore di una finestra, senza più muro, un piccione aveva fatto il nido. Mi guardava, nello strillacchiare dei suoi pulcini. Tubava amichevole.
Ho abbassato la testa e proseguito. La scena mi terrorizzava, senza una ragione.
Non ho trovato la libreria. Ho trovato un brivido, un nome. Ho trovato un tassello perduto.
Camminando svelta, sono tornata al pullman. Sono tornata qui, dove nessuno riesce a capire.

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Inserito il - 25 giugno 2009 : 17:43:03  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Perdonatemi. Perdonatemi se ho solo queste stupide parole. Se di fronte a chi ha perso tutto ho solo questa voce nelle dita, se di fronte all'orrore ho solo la resa delle immagini un segno inconsistente dopo l'altro.
Perdonatemi se quei video mi fanno piangere, quando sono qui inutilmente.
Perdonatemi se non ho la capacità di trovare cosa fare. Se non porto una divisa per agire, se non opero nulla che non sia resistere. Perdonatemi se non servo a recuperare nulla, a sanare, ad aggiustare, se so solo ascoltare l'esperienza degli altri e trarne accenti, se so solo ricordare, ricordare sempre, il freddo l'orrore e l'impotenza che c'è ancora, se sono una terremotata senza azione. Perdonatemi se ho solo la miseria della maledizione del raccontare.
Perdonatemi se piango anch'io, se anch'io sono stanca. Non servo a nulla in tutto questo, sono solo voce. Sono solo il battito del cuore. Non servo, lo so.
Perdonatemi se ho vissuto così poco e sono solo un narratore.

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Inserito il - 23 luglio 2009 : 17:23:48  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 25 giugno 2009 : 21:26:41
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http://www.youtube.com/watch?v=Z8mUMu_1H_g


Ne han fatte diverse di canzoni per noi, su di noi, da noi. Terremotati. Questa per me è la più bella, mi fa vibrare le stesse corde di quella notte. Non guarda retoricamente al futuro, non ripensa dolorosamente al passato. è quella notte, quei venti secondi di morte della nostra vita, dei sogni, delle certezze. è quella notte che resterà a tutti nella maledizione del raccontare a chi non capirà mai. Nella benedizione di sapere la vita.

Continuo ad ascoltarla, non so smettere. Come una catarsi, non riesco a fare a meno di seguire il ritmo ondeggiando la testa, come in trans e davvero mi sento in una sorta di trans...ascoltandola non sento più le grida di quella notte, non ho paura...non voglio più piangere...è come se slegasse qualcosa che si era annodato in fondo all'anima...sta sciogliendo qualcosa che mi soffocava...è come un sorso lunghissimo interminabile del calice che non poteva passare da noi, di nuovo, e questo lo rende parte accettata di me, della mia storia...è come se finalmente mi sentissi chiamare per nome, da qualcuno che chiede la stessa cosa.


umilmente vostra
Silma

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Modificato da - Silma in data 26 giugno 2009 11:50:00


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Inserito il - 23 luglio 2009 : 17:27:44  Mostra Profilo  Clicca per vedere l'indirizzo MSN di Silma Invia a Silma un Messaggio Privato  Rispondi Quotando
Inserito il - 13 luglio 2009 : 22:13:02
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è stato...strano, leggerti, colle. Fa sempre un effetto particolare sentir altri parlare di noi, ora non so spiegare esattamente come sia, però...però, non ho nulla da correggere, non posso correggere le percezioni di un altro. Forse è la prima volta che lo specchio in cui leggo le nostre sensazioni non mi sembra deformato.

Oggi il mare aveva quel colore particolare, di quando la cintura più esterna, sull'orizzonte, è più scura e allora ti accorgi che quell'orizzonte non è dritto, ma curvo. E pensi a come gli antichi pensasseo quello il bordo della terra, col pericolo di caderne giù.
Forse, qualcuno ogni tanto ne cade giù.
Ne cade giù un amico, quando, 18 anni ancora da assaporare del tutto, scopre che forse non gliene rimangono che cinque da vivere. E ti svela un male con cui combatte da nni e di cui non parla mai a nessuno. E ti chiedi se davvero esista qualcosa da dire che non sia scontato ed abusato e vuoto. Quando vorresti solo stringerlo forte e stringere l'esplosione che ha dentro, quando nell'età in cui inizi a volerti fare una stada lui parla di epilogo, parla di fine. E daresti non sai cosa per andargliela a prendere in cielo o ll'inferno, la speranza che nessuno gli dà. E speri nel miracolo che si siano sbagliati, succede così spesso in fondo.
Ma qunti miracoli chiedi di questi giorni...

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Tradotto Da: Vincenzo Daniele & Luciano Boccellino- www.targatona.it | Distribuito Da: Massimo Farieri - www.superdeejay.net | Powered By: Snitz Forums 2000 Version 3.4.03